In viaggio con Mark Twain - Seguendo l'equatore su Mappe dell'immaginario
7 Agosto 2020

In viaggio con Mark Twain

Mark Twain (1835-1910), al secolo Samuel Langhorne Clemens, non ha bisogno di presentazioni. Se tutti conoscono opere come Tom Sawyer o Huckleberry Finn o Un Americano alla corte di re Artù, pochi sanno che ha scritto anche un interessantissimo resoconto di un lungo viaggio che l’ha portato a visitare mete lontane come Honolulu, le isole Fiji, l’Australia, la Tasmania, l’India, il Madagascar, l’Africa del Sud. Non a caso il titolo dell’opera è Seguendo l’equatore (Following the Equator, il titolo originale).

I fatti andarono così: nel 1895 in seguito a problemi finanziari Twain cercò di far fronte ai debiti tenendo una serie di conferenze nei principali possedimenti dell’impero inglese. Seguendo l’equatore è una sorta di Zibaldone dove l’autore raccoglie aneddoti, descrizioni di momenti del viaggio e dei paesi visitati, elementi di etologia, antropologia, notazioni sul clima e di carattere geografico ed economico, osservazioni sulla storia e le tradizioni dei popoli in cui entra in contatto. E qui le cose si fanno interessanti perché Twain, scrittore curioso e al contempo critico, guarda il mondo attraverso le lenti del suo fine sarcasmo senza risparmiare staffilate alla società contemporanea e alle follie dell’essere umano in generale.

Tutto inizia con un lungo viaggio in nave.

L’abilità di Twain di trasportarci con lui lungo le traversate che gli hanno permesso di raggiungere paesi tanto lontani ci fa viaggiare su «un increspato e scintillante mare d’estate; mare seducente, mare limpido e fresco». Descrive la vita di bordo, il senso di pace che si prova a navigare a migliaia di chilometri di distanza dalla terra e dai suoi affanni: «se dipendesse da me non vorrei proprio arrivare. (…) non c’è stanchezza non c’è fatica, non c’è preoccupazione (… ). Non c’è nulla in terra come questa serenità (…)»; la gioia di avvistare in lontananza il profilo di una città. Le descrizioni, vivide e accurate, mi hanno entusiasmata: ero accanto a Twain e ai suoi compagni di viaggio alla fine del XIX secolo; quanto stupore, quanta meraviglia!

Il primo paese di cui ci parla è l’Australia, lo descrive come un paese progredito dove «il governo ammette rappresentanze native [maori] sia presso l’assemblea legislativa, sia presso il proprio gabinetto, e concede il voto a entrambi i sessi. Ciò facendo il governo rende omaggio anche a se stesso. Non è abitudine in questo mondo, che i conquistatori trattino con tanta nobiltà i conquistati». Quest’ultima osservazione ci permette di introdurre un altro interessante aspetto che emerge dal libro.

Mark Twain, un anticolonialista.

Twain non risparmia le critiche verso il colonialismo e l’atteggiamento dell’uomo bianco che si ritiene superiore rispetto ai “selvaggi”, ed ha compiuto massacri ritenendosi sempre dalla parte della ragione.

«In molti paesi abbiamo incatenato il selvaggio, affamandolo a morte (…). In più di un Paese abbiamo dato la caccia al selvaggio e ai suoi bambini e a sua madre con cani e fucili (…) come passatempo pomeridiano, e riempito la regione di gaie risate che sovrastavano la loro fuga scomposta e zoppicante, e le loro sfrenate suppliche di pietà; ma questo metodo non desta la nostra attenzione, perché la consuetudine ci ha avvezzati ad accettarlo (…)».

L’importante è non porre mai in dubbio che il sistema di colonizzazione sia giusto. Twain a tal proposito ironizza: «(…) è il dovere di ogni uomo leale proteggere quel retaggio in ogni modo possibile; e il modo migliore per ottenere questo scopo è quello di attirare l’attenzione altrove».

In una grande stazione indiana Twain osserva il gran numero di persone presenti: «(…) pazienti, calmi, tolleranti nativi, con bianchi sparpagliati tra loro a rari intervalli; e dovunque apparisse il servo nativo di un bianco, quel nativo sembrava per il momento aver messo da parte la sua naturale gentilezza ed essersi investito del privilegio dell’uomo bianco di aprirsi una via spintonando immediatamente qualunque cosa nera gli si parasse dinnanzi».

Come detto sopra è un episodio avvenuto

In India.

La parte più consistente del libro è dedicata alla permanenza di Twain in India.

Già dal suo arrivo a Bombay Twain è estasiato dalla città, che definisce «luogo sconcertante, luogo incantevole», dal vorticare degli sgargianti e pittoreschi costumi dei nativi (che fanno sfigurare il grigio abbigliamento occidentale), dalla «rigogliosa e celestiale vegetazione». Nel suo ricordo la città gli appare come attraverso giochi di colore di un caleidoscopio.

Ovviamente l’ironia di Twain permea gran parte del resoconto: i servitori nativi, detti bearers, che parlano un inglese incomprensibile e agiscono secondo una loro logica altrettanto oscura, le tragicomiche avventure a bordo dei treni locali per accaparrarsi il posto letto migliore e pensieri come il seguente:

«Questa è l’India! La terra dei sogni e dell’avventura, del lusso favoloso  e della favolosa povertà (…) di tigri ed elefanti, il cobra e la giungla, la terra di cento nazioni e cento lingue, di mille religioni e due milioni di dei (…) madre della storia, nonna della leggenda, bisnonna della tradizione (…)».

Ne vengono analizzate tradizioni, episodi storici, aspetti della vita quotidiana.

Assistiamo ad un funerale celebrato secondo il rito dei Parsi, i quali deponevano i loro morti nelle Torri del Silenzio, una sorta di pozzi circondati da un’alta muratura su cui venivano esposti i cadaveri, dal momento che non potevano essere né cremati né seppelliti. Oppure vengono descritte altre cerimonie, come un matrimonio, delle cremazioni, un processo, visite a palazzi governativi e storici. Twain è un osservatore instancabile e curioso.

Anche le efferate gesta della famigerata setta dei thug, che uccidevano in nome della dea Bhowanee, trovano spazio nel resoconto.

Dopo Bombay Twain e la sua famiglia si recano aBenares, grande centro religioso o, per dirla con Twain, «una grande chiesa (…) in cui ogni divinità (…) è procurabile sotto un unico tetto».

Ovviamente non poteva non esserci una riflessione critica verso l’usanza delle vedove di gettarsi nelle pire funebri dei mariti defunti, il cosiddetto sati, «È un curioso popolo. Con loro ogni vita sembra sacra, tranne la vita umana».

Dopo un soggiorno a Calcutta e un viaggio da brivido su una piccola carrozza di servizio lanciata in discesa lungo i fianchi di una montagna, una visita al Taj Mahal è tempo di lasciare l’India e dirigersi verso le Mauritius e il Sud Africa. Con l’occasione Twain critica aspramente le “imprese” del colonialista Cecil Rhodes .

Concludo infine parlandovi di

Twain e le donne.

Controcorrente anche sotto questo punto di vista, Twain manifesta spesso il suo rispetto nei confronti delle donne, sia per quelle appartenenti al mondo occidentale che per quelle indigene.

«Gli uomini dovrebbero iniziare a nutrire una sorta di rispetto nei confronti delle loro madri e mogli e sorelle, a questo punto. Le donne meritano un simile cambio di atteggiamento, giacché hanno lavorato bene. Nel giro di quarantasette anni hanno spazzato via un imponente numero di leggi inique dai codici americani. In quel breve lasso di tempo, quelle serve si sono rese libere – essenzialmente. Gli uomini non avrebbero saputo fare tanto per se stessi in quel lasso di tempo senza spargimento di sangue – almeno non lo hanno mai fatto; e questo prova che non ne erano in grado. Le donne hanno condotto una rivoluzione pacifica, e assai benefica; eppure ciò non ha convinto l’uomo medio che esse sono intelligenti, e hanno coraggio ed energia  e perseveranza e forza d’animo. È difficile convincere l’uomo medio di qualunque cosa; e forse nulla potrà mai fargli ammettere che egli è inferiore alla donna media (…). L’uomo ha guidato la razza umana dal’inizio  – ma egli dovrebbe tenere a mente che, fino alla metà di questo secolo, il mondo era ottuso (…) ma non è più così (…) e si sta facendo sempre meno ottuso. Questa è l’occasione della donna – la prima che le capita. Mi domando: dove sarà l’uomo in capo ad altri quarantasette anni?»

 

Libro consigliatissimo, ricco di riflessioni, spunti, descrizioni vi trasporterà in luoghi lontani risvegliando il vostro desiderio di esplorare e scoprire. Unico problema: è andato fuori catalogo. La casa editrice, la Baldini Castoldi Dalai non esiste più e nessuno lo ha ristampato. Allora perché parlarvene, invogliandovi a leggerlo? Prima di tutto perché se dovessimo ignorare ciò che non è semplice reperire molto di ciò che è giusto ricordare andrebbe perduto e come libraia è mio dovere far conoscere anche questi libri. Infine non disperatevi, cercate e troverete, nel metà prezzo, nei fuori catalogo, nell’usato. Verrete sicuramente ricompensati.

AGGIORNAMENTO! Il libro è stato finalmente ripubblicato dalla casa editrice Theoria con una nuova traduzione e introduzione a cura di Romina Bicicchi. Non avete più scuse per non leggerlo!

Link all'articolo: http://mappedellimmaginario.altervista.org/in-viaggio-con-mark-twain/?fbclid=IwAR02Zzt3lX3GyGvB3tfvIKLUPlq_gYxkrUybHxF8VERQfaimxvb9ILQ9s00